Chiesa di San Giusto

La monumentale chiesa di San Giusto venne eretta nell' XI sec. su un colle che domina la valle sottostante, poco distante dal castello di San Maroto, con il quale in epoca medievale comunicava attraverso segnalazioni luminose.
La chiesa venne menzionata per la prima volta nel documento di Rodolfo da Varano del 1240 con l'appellativo di "priorato". Recenti ipotesi storiografiche attribuiscono alla chiesa di San Giusto un'origine siriaco-carolingia: sarebbe nata come padiglione di caccia, ma anche come osservatorio astronomico voluto dallo stesso Carlo Magno. Altre ipotesi identificano invece l’edificio come la cappella privata dei conti di San Maroto, situata all’interno del loro castello. Tuttavia, le prime attestazioni dei conti di San Maroto risalgono al XIII secolo, quindi a un periodo successivo rispetto alla presunta fondazione della chiesa. I signori di San Maroto ebbero un ruolo rilevante nella storia di Camerino, ottenendone la cittadinanza già nelle prime fasi della formazione del Comune. Furono sostenitori del partito guelfo e, nel 1259, si schierarono con i Da Varano durante l’invasione sveva dell’area. La struttura della chiesa si distingue per un raffinato equilibrio di soluzioni geometriche: un cilindro alto la metà del proprio diametro fa da base a una cupola a tutto sesto, realizzata con anelli concentrici tronco-conici in pietra cornea. La singolare pianta circolare della primitiva costruzione venne poi mutata dall'inserimento del campanile sul lato ovest e dalla sacrestia a sud-est. L'ingresso attuale è situato alla base del campanile. Sulla superficie esterna la decorazione è data da archetti pensili e lesene in pietra, alcuni dei quali molto consumati o assenti. Lo spazio interno è un'ampia aula circolare, dove ancora sono visibili le minuscole monofore romaniche alle quali successivamente sono state aggiunte finestre di gusto neogotico. L'altare maggiore è inserito tra due absidi, contro la breve parete che separa gli arconi. Nell'abside a sinistra dell'altare maggiore è l'ingresso alla sacrestia. Lungo il perimetro della circonferenza corre un cordolo che separa la muratura dall'imposta della volta. Nel vano a piano terra della torre campanaria sono visibili affreschi risalenti alla fine del Trecento. All’interno della chiesa si conservano due opere di grande interesse: una tavola di Venanzo da Camerino, attivo tra il 1518 e il 1530, raffigurante la Madonna del Rosario con Bambino e san Domenico; e una Madonna in trono con Bambino, databile alla seconda metà del XIII secolo, attribuita a un anonimo pittore umbro-marchigiano seguace di Simeone Machilone. A proposito di quest’ultima opera, Angelo Antonio Bittarelli scrive: «Liberato dalle ampie corone d’argento e dai pesanti rifacimenti […] appare duro, non piacevole nei tratti e nel meccanico disegno del contorno». Lo studioso americano E.B. Garrison Jr. mette in relazione questa tavola con un esemplare conservato presso il Museo dell’Opera del Duomo di Orvieto, il quale, a sua volta, si ispira a un’opera dei noti pittori spoletini Simeone e Machilone. La croce astile, invece, è opera dell’orafo Tobia da Camerino e risale alla prima metà del Cinquecento.