Ricettività
Condotto Romano e Botte Varano

Condotto Romano e Botte Varano

Il condotto romano (I sec. a.C.) e la Botte dei Varano (1438–1456), sono le più importanti opere di regimentazione delle acque degli Altipiani Plestini.

In località Fonte delle Mattinate, nel Comune di Serravalle del Chienti, durante i lavori per la costruzione di una nuova galleria di convogliamento delle acque della Piana di Colfiorito (o del Casone), resasi necessaria a seguito della parziale ostruzione della rinascimentale “Botte di Varano” causata dal sisma del 1997, è stata individuata e quasi interamente esplorata un’importante opera idraulica di epoca romana. Questa struttura, in uso dal periodo repubblicano fino al tardo Impero, fu realizzata con lo stesso scopo circa duemila anni fa. Il manufatto, costruito in opera quadrata e lungo circa un chilometro, ha l’imbocco sul margine nord-orientale della Piana di Colfiorito e attraversa un rilievo collinare che delimita la pianura, per sboccare infine in un’angusta forra formata dal tratto iniziale del fiume Chienti. Il collettore è quasi interamente in galleria, realizzato senza pozzi di traguardo, e sicuramente completato con due scavi partiti dai due estremi e raccordati in un punto intermedio. Il percorso della galleria non è rettilineo, ma segue una forma a “S”, probabilmente per facilitare l’incontro dei due scavi. Il condotto è costruito con blocchi di travertino spugnoso di provenienza locale, accuratamente squadrati, così come i conci della volta, disposti a secco. La luce interna misura circa 2,60 m di altezza per 0,85 m di larghezza e mantiene una pendenza uniforme dello 0,2% per tutta la lunghezza. Opere simili sono note nel mondo romano, ma di queste dimensioni sono relativamente rare: per confronto si può citare l’emissario per la regolazione del bacino del Fucino. La scelta del travertino, rispetto ad altri materiali lapidei disponibili in zona, non appare casuale: la natura porosa del travertino favoriva infatti la saldatura naturale dei blocchi mediante il passaggio e la percolazione delle acque, come effettivamente avvenuto. L’ingresso sulla Piana, documentato da un limitato sondaggio, presenta caratteristiche monumentali ed è affiancato da due contrafforti, simili a quelli che si trovano ai lati dei “chiavicotti” delle sostruzioni della via Flaminia nel tratto appenninico umbro-marchigiano. È verosimile che davanti all’imbocco si trovasse un invaso in cui confluivano canali di drenaggio probabilmente disposti a spina di pesce, analoghi a quelli tuttora visibili. Questa opera, di altissima ingegneria e realizzata apparentemente senza pozzi di traguardo (solitamente usati in interventi analoghi), non dispone al momento di dati stratigrafici per la datazione precisa, ma sembra logico collegarla allo sviluppo della città di Plestia, quindi al periodo augusteo o poco successivo. In quell’epoca, il controllo del deflusso delle acque della Piana di Colfiorito — il Lacus Plestinum noto dalle fonti letterarie — era essenziale per prevenire impaludamenti e alluvioni, favorendo lo sfruttamento agricolo intensivo e le comunicazioni viarie dell’area. Il collettore rimase in uso per alcuni secoli, fino a quando un movimento del terreno — forse un cedimento differenziale del sottosuolo o un evento sismico — ne causò una significativa dislocazione, alterandone la pendenza originaria nell’ultimo tratto verso la Piana e compromettendone gravemente, se non bloccandone, il funzionamento. Si conservano evidenti tracce di un tentativo di riparazione, effettuato tramite un grande scavo a cielo aperto, visibile anche stratigraficamente. Tuttavia, a causa della persistente alterazione delle pendenze, il condotto si ostruì definitivamente poco dopo. La datazione radiometrica sui residui organici inglobati nella concrezione calcifica all’interno del collettore indica che l’ultimo utilizzo risale a un periodo tra il VI e il VII secolo d.C. La datazione dell’intervento di riparazione è incerta, ma è certo che esso sia avvenuto quando ancora esisteva un potere centrale con capacità finanziarie e organizzative sufficienti a gestire tale opera. È probabilmente collegata all’impaludamento dell’area la leggenda del passaggio degli apostoli Pietro e Paolo a Plestia. Sebbene non se ne conosca l’origine, questa leggenda vuole attribuire radici apostoliche all’evangelizzazione della zona. La narrazione spiega la distruzione della città di Plestia e l’allagamento della Piana come una vendetta divina per aver rifiutato l’accoglienza agli apostoli. Si racconta infatti che, scacciati da tutti, Pietro e Paolo si rifugiarono sul monte Trella per la notte, ma furono svegliati da boati, tempesta e terremoto, e all’alba trovarono la città rasa al suolo. La “Botte di Varano” è un emissario artificiale sotterraneo lungo circa 200 metri, scavato nel XV secolo da Giulio Cesare Varano su progetto di ingegneri idraulici fiorentini, con lo scopo di bonificare l’altopiano di Colfiorito. Al momento, non è chiaro se la costruzione della “Botte” abbia tenuto conto della preesistenza del condotto romano, a cui corre quasi parallela. Rimane comunque un esempio epocale di interventi analoghi nello stesso sito, con medesime finalità e tecniche, nonché di come grandi opere, spesso criticate, abbiano permesso la scoperta di preziose realtà archeologiche. Il condotto romano non è menzionato nel trattato di Mengozzi (1781), che invece descrive la Botte come un “meraviglioso sotterraneo condotto (…) capace quasi di due carrozze nell’imboccatura, e in alcuni siti più di venti uomini profondo”. Secondo Mengozzi, la Botte del Casone ha una direzione “tortuosa e obliqua” ed è di tale “magnificenza” da poter essere definita “Regis opus”, un’opera regale. Ancora oggi, le acque raccolte dai canali dell’altopiano danno origine al fiume Chienti a monte di Serravalle.

Comune
Serravalle di Chienti
Indirizzo
Loc. Fonte delle Mattinate, 62010 Serravalle di Chienti (MC)
Telefono
+ 39 339 637 2705
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