Arte e Cultura
Città di Tolentinum

Città di Tolentinum

La posizione geografica della città di Tolentinum, su un terrazzo alluvionale lungo la riva sinistra del fiume Chienti ha favorito insediamenti umani sin dalla preistoria ed ha agevolato contatti e scambi lungo le vie commerciali di penetrazione sin dalle epoche più antiche. Le prime testimonianze di frequentazione del territorio di Tolentino risalgono, ad oggi al Paleolitico inferiore e ne sono tangibile prova la bella amigdala, recuperata alla fine del 1800 lungo il torrente Cesolone-località Le Grazie, e un’amigdaloide di dimensioni minori, entrambi visibili nella Raccolta Civica. E’ attribuito ormai con certezza al Paleolitico superiore il ciottolo inciso con figura antropomorfa e testa di erbivoro, rinvenuto dal Gentiloni Silverj nel 1884 in località S. Egidio, confluito nelle raccolte del Museo Archeologico delle Marche di Ancona nel 1911.

All’età neolitica ed Eneolitica sono da assegnare la serie di punte di freccia, di lame e le sedici asce di pietra verde levigata da Contrada Casone, recuperate nel 1879 dallo studioso conte Domenico Gnoli. La frequentazione del sito nell’Età del Bronzo è attestata, oltre che dalla presenza di due asce di bronzo conservate nella Raccolta Civica, anche dalle tracce dell’abitato preistorico forse del Bronzo antico, individuato durante gli scavi effettuati nel 1979 a cura della Soprintendenza per i Beni archeologici delle Marche nell’area della Cooperativa Esperia in località S. Egidio e dagli importanti rinvenimenti in Contrada Cisterna.

A seguito di scavi e recuperi, effettuati a cura della Soprintendenza per i Beni archeologici delle Marche sin dal 1997 in Contrada Cisterna, è stato infatti individuato un ricco insediamento dell’Età del Bronzo, ancora in fase di studio, che permetterà in breve tempo di precisare ulteriormente le nostre conoscenze.
Le presenze meglio documentate del sito, a partire dal IX sec. a.C., provengono dagli scavi delle necropoli picene effettuati dalla fine del 1800 ad opera del tolentinate conte Aristide Gentiloni Silverj, che provvide anche alla loro sistemazione museale ed ebbe cura di redigere preziosi inventari e relazioni dei lavori compiuti, che ancora oggi permettono una chiara visione della frequentazione del sito.

A parte alcuni oggetti sporadici databili al IX ed VIII sec. a.C. (rasoio villanoviano dalla necropoli Settedolori), l’unico corredo attribuibile all’VIII sec. a.C. resta ancora oggi quello della tomba di Contrada Rotondo-Casone, con fibula a sanguisuga, ribattini e pendenti di ambra. E’ comunque con il VII sec. a.C. che le testimonianze del sito si fanno più significative: ad ovest la necropoli in Contrada Bura restituisce cinque tombe, di cui tre con circolo di pietre e materiali di VII-VI sec. a.C.; inizia l’utilizzo della necropoli Settedolori e, ad est, della necropoli Benadduci. In particolare a quest’ultima zona appartengono i corredi delle due tombe orientalizzanti di VII sec. a.C., la prima venuta in luce nel corso degli scavi del 1880 del Gentiloni Silverj, la seconda individuata negli anni 1979-80 a seguito di scavi effettuati dalla Soprintendenza per i Beni archeologici delle Marche, con importanti materiali anche di importazione etrusca e capenate, da confrontare con altri da centri vicini (quali Pitino di S. Severino, Matelica, Fabriano).

Il VI sec. a.C., che segna il periodo di massima fioritura per la civiltà picena, è assai attestato anche nel sito di Tolentino: continua la frequentazione delle necropoli Settedolori (gran parte delle 42 tombe è databile al VI sec. a.C.), Benadduci (23 tombe su 36 sono di VI sec. a.C.), S. Egidio e Salcito-Casone – scavi Gentiloni Silverj; si ascrivono a tale periodo anche le nuove tombe rinvenute nel 1979-80 poco distante (scavi area Nobili). Di notevole importanza il corredo della tomba di «Porta del Ponte» (fig. 2), con materiali etruschi e bronzi di raffinata fattura locale, datato alla seconda metà del VI sec. a.C.. L’uso delle necropoli nel V sec. a.C. è documentato dai corredi di Settedolori (tombe 22-23-40), Benadduci (tombe 2-14-31), S. Egidio (tomba 12) e dagli scavi del 1978-79, che hanno confermato l’estensione delle già note necropoli ad est della città e l’importanza da esse rivestita nell’ambito del panorama regionale, anche per la forte presenza di materiali di importazione etrusca e greca in particolare. Per il IV e III sec. a.C., stando alle conoscenze attuali, è in uso la sola necropoli S. Egidio (scavi Gentiloni Silverj).

Relativamente al periodo romano la menzione epigrafica dei municipes Tolentinates (C.I.L. IX 5570) e l’inserimento di questa comunità da parte di Plinio il Vecchio (Nat. Hist. III, 13, 111) tra quelle della regio V hanno accertato che Tolentinum fu municipio romano e che i suoi cittadini furono registrati nella tribù Velina. Scarse e poco visibili risultano le testimonianze archeologiche per il periodo romano visibili, anche per la continuità di occupazione e frequentazione che ha avuto il sito dall’antichità ad oggi, ma è plausibile ritenere che l’attuale Piazza della Libertà fosse occupata dal foro della città antica, come dimostrano rilievi topografici effettuati dal Gentiloni Silverj durante gli scavi del 1881, che portarono al recupero di epigrafi e materiali vari, ora purtroppo non più rintracciabili (C.I.L. IX, 6368, 6369, 6371, 6370, 6373, 6374, 6375).

A queste notizie si affiancano il recupero nel sec. XVIII dell’ara con festoni da edificio nelle vicinanze, notizie relative ad una colonna di tipo ionico da Palazzo Parisani poi posta sulla facciata del Municipio, e resti di mosaico sempre da strutture prospicenti la Piazza della Libertà (Palazzo Massi-Porcelli).

Il recupero avvenuto nel 1508 della statua femminile di età flavia (fig. 3) da Contrada S. Egidio, da allora nota tra le raccolte municipali, sembra attestare la frequentazione della zona in questione, dove furono del resto individuati negli anni cinquanta strutture e materiali da costruzione di epoca romana, se si considerano le notizie del rinvenimento di frammenti di pavimento e di una struttura appartenenti ad edifici di epoca romana non meglio identificati. Per quanto riguarda la topografia delle necropoli di età romana, i recuperi di epigrafi dalla zona a sud delle mura e le notizie desumibili dagli stessi testi epigrafici, permettono la loro localizzazione ai piedi del terrazzamento che ospita l’attuale centro storico e nelle immediate vicinanze del fiume Chienti. L’acquisizione recente, negli anni intorno al 1980, di una iscrizione di reimpiego da Contrada Ributino, relativa ad una servitù d’acqua ed al diritto di transito su fondo altrui, pone il problema dell’origine delle servitù prediali alla fine del I sec. a.C. anche nel territorio di Tolentinum.

Di notevole importanza per la storia del sito è poi l’iscrizione con dedica, riferibile all’imperatore Gallieno (253-268), incisa su lastra reimpiegata in epoca medievale con raffigurazione di Cristo tra gli angeli Michele e Gabriele ed i santi Pietro e Paolo, ora presso la Cattedrale di S. Catervo, che fu utilizzata insieme a due blocchi in marmo antico reincisi con motivi vegetali. Al IV sec. vengono ascritti sia il sarcofago con iscrizione (C.I.L. IX 5566) di Flavio Giulio Catervio (fig. 4), prefetto del pretorio ritiratosi a Tolentino, fatto realizzare dalla moglie Settimia Severina per entrambi ed anche l’edificio già edito conosciuto come panteum cum tricoro, di forma circolare con vani radiali absidati, che è stato riconsiderato solo in questi ultimi anni. Agli anni 379-380 rimandava inoltre la bulla bronzea pendente da collare di uno schiavo fuggitivo recuperata dal Gentiloni Silverj in Contrada le Grazie, ora non più rintracciabile, che aveva un’iscrizione riferibile ad un vicarius urbis di quegli anni di nome Potitus.

Molte nuove conoscenze potrebbero venire, nei prossimi anni, dallo studio e dall’esame dei numerosi materiali raccolti dagli anni 1950 in poi nel territorio di Tolentino, in parte acquisiti dalle Istituzioni a seguito di segnalazioni, in parte conosciuti tramite privati cittadini, in gran parte infine provenienti dai nuovi scavi effettuati dalla Soprintendenza per i Beni archeologici delle Marche in zone interessate da nuova edilizia residenziale.

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