Storia e Tradizioni
Di giovedì grasso tutte le padelle fan fracasso

Di giovedì grasso tutte le padelle fan fracasso

Carnevale era il momento dell’allegria, delle bicchierate, degli scherzi e delle maschere. In questo periodo veniva dato fondo a tutto ciò che era restato nella cantina: ogni festa, ogni veglia sembrava fatta quasi a burlare gli ultimi geli e ad esorcizzare la Quaresima imminente. Finito il Carnevale si sarebbe ritornati ai pasti frugali, all’austerità, al digiuno e all’astinenza dei riti pasquali. Non a caso un vecchio detto recita: “Carnuà non me lassà che non posso digiunà”.

Naturalmente,la gente di campagna,pur essendo parsimoniosa e parca nel mangiare, in questo periodo non rinunciava alle soddisfazioni della gola. Scroccafusi, sfrappe e castagnole erano i dolci tipici che la vergava offriva agli invitati durante le “serate” in casa, quando ci si divertiva cantando gli stornelli e ballando il saltarello.

Le castagnole si regalavano anche ai gruppi mascherati che passavano per le case di campagna e portavano allegria e divertimento con i loro scherzi e i loro stornelli. Per la vergara, fare i dolci carnevaleschi era come rinnovare un rito e dare seguito ad una tradizione radicata.

Il vecchio detto “Di giovedì grasso tutte le padelle fan fracasso” non poteva essere smentito. Per l’occasione si conservava “la vescica dello strutto” al fresco e al buoio in modo da averlo bianco e pronto e pronto per friggere i dolci e dare quindi sfogo ai desideri della gola.

La regina della festa era la castagnola,grossa come una castagna, che andava mangiata in un sol boccone; c’erano poi gli scroccafusi,grandi come noci e le sfrappe, leggere e friabili come le ali di farfalla e infine la cicerchiata, fatta di tante palline irregolari di pasta, simili, per la loro forma, alla cicerchia, un legume oggi poco diffuso.

In paese, c’era anche la sfilata dei birocci trainati dai buoi che per l’occasione venivano addobbati con fioccchi rossi e campanelle. Il corteo era seguito da gruppi di ragazzini mascherati che per l’occasione si vestivano con i vecchi abiti dei nonni o dei genitori.

Con il martedì di Carnevale si chiudeva la parentesi festosa e spensierata come recita il detto: “Finito carnuà, finito amore, finito de staccià farina e fiore, finito de magnà le castagnole”.

Allo scoccar della mezzanotte del giorno di carnevale, iniziava l’astinenza con il Mercoledì delle Ceneri; questo giorno era caratterizzato dal digiuno mattutino e dall’osservanza della vigilia. Tutti dovevano andare a messa presto dove il sacerdote, durante la funzione, cospargeva il capo dei fedeli di cenere, in segno di pentimento e di penitenza.

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