Storia e Tradizioni
Galli e galline

Galli e galline

Fino a qualche decennio fa, molte famiglie, pur risiedendo all’interno del paese, allevavano ancora qualche gallina, nell’orticello se questo c’era, oppure nella stanza del telaio, o nel cortiletto annesso all’abitazione. Ciò derivava da una tradizione che ha origini molto lontane. La pollicoltura era infatti molto diffusa presso i Romani come ricordano Varrone e Columella. Proprio quest’ultimo, ad esempio, fornisce interessanti consigli su come si debbano disporre le uova per la cova, o su come si debbano conservare o sui procedimenti da seguire per ingrassare le galline (De re rustica, VIII).
Il famoso cuoco Apicio indica, inoltre, alcune ricette per cuocere al meglio le galline. Ma anche un poeta come Orazio si attarda ad illustrare come si possa rendere tenera la carne di pollo consigliando di immergere il volatile, più volte e vivo, nel vino di Falerno diluito con l’acqua (Sat., II, 4, 17 ss).
Ma “tenere” i polli derivava anche, per analogia, da quanto avveniva in campagna dove l’allevamento del pollame era normale consuetudine. Possedere alcuni di questi volatili assicurava al contadino uova e carne ad un costo molto basso a fronte di qualche attenzione.

La vicinanza con galli e galline e l’osservazione dei loro comportamenti hanno generato molti proverbi e modi di dire soprattutto in rapporto alle previsioni delle condizioni atmosferiche: Se lu gallu se mette a candà’ / la matina è pînu [pieno] lu pandà’, alludendo al fatto che, se il gallo canta in piena notte, al mattino successivo pioverà abbondantemente. E ancora: Quanno lu gallu canda a patùllu / o piòe o fa témbu ‘mmùllu, cioè se il gallo canta chiamando a raccolta le galline, pioverà e anche abbondantemente. Esaminando le tradizioni locali, si rafforza l’ipotesi che molte delle credenze dei contadini relative ai galli ed alle galline derivino dal mondo classico, tramandate e perpetuate nel tempo da infinite generazioni. I Romani, infatti, erano convinti che i galli e le galline fossero in grado di prevedere il tempo ed avevano notato che quando tali animali agitano le ali e sono irrequieti, preannunciano un temporale (Eliano, Varia historia, VII, 7). Quando – sostiene Plinio (Nat. Hist., X, 47) – cantano al di fuori degli orari consueti, allora danno annuncio di avvenimenti particolari e straordinari. Tale credenza ha riscontro nel folklore locale che vuole che il canto del gallo possa essere presagio di gravi sventure: Canda lu gallu fóri de tembu / o la morte o lu martémbu. Lo stesso messaggio di sciagura trasmette la gallina quando canta sull’aia senza che abbia deposto alcun uovo.

Plinio il Vecchio (Nat. Hist., X, 46 ss) sostiene inoltre che i galli hanno percezione delle costellazioni e che, sapendo distinguere i vari periodi del giorno, li indicano con il loro canto. Così danno notizia dello spuntare del giorno scuotendo le ali ed emettendo il loro verso stentoreo.
Gli arcani insiti nella fantasia contadina del Maceratese coinvolgono anche in altri modi la cura di un volatile così diffuso sull’aia – e così importante – come la gallina. Se si ritiene opportuno regalare alcune uova ad una persona come gesto di cortesia, esse dovranno essere di numero dispari. Dispari dovrà essere anche il numero delle uova da mettere sotto la chioccia.
Complesso è inoltre il rituale da osservare quando si trasportano a casa uova fecondate, comperate o prese in prestito: è assolutamente sconsigliato di superare un fosso pena la perdita dell’efficacia della fecondazione. Se l’attraversamento del corso d’acqua è indispensabile, per garantire la nascita dei pulcini si mette tra le uova un chicco di grano o un pezzo di pane. Sulla strada del ritorno è inoltre imprudente fermarsi ad urinare nonostante l’impellenza del bisogno perché altrimenti i pulcini non nascerebbero. La stessa cosa avverrebbe se le uova fossero trasportate di notte.

Le credenze coinvolgono anche la scelta del gallo: perché sia in grado di rendere fertili le uova è opportuno che abbia sorelle che abbiano già fatto uova altrimenti non si otterrebbe la nascita dei pulcini. Per garantire che da ogni uovo covato nasca un pulcino, sopra la grossa cesta che racchiude la chioccia in cova, vengono messi dei pantaloni da uomo per evitare i danni del malocchio.
Nell’esperienza contadina anche la vita dei pulcini sembra essere connessa ai periodi dell’anno: sono cattivi i pulcini nati durante la Settimana Santa; le uova non si schiudono, inoltre, anche se è giunta l’ora, il giorno dell’Ascensione. Se la loro nascita coincide con la fase crescente della luna, anch’essi avranno uno sviluppo rapido; per analogia avverrà il contrario se le uova si saranno schiuse durante la luna calante.

Tratto da “Dizionarietto delle Tradizioni e del Mangiare” del sito della Comunità Montana dei Monti Azzurri.

Top