Arte e Cultura
Chiesa di S. Francesco di Serrapetrona

Chiesa di S. Francesco di Serrapetrona

La Chiesa di S. Francesco di Serrapetrona si articola in un grande quadrilatero composto dal convento e dalla chiesa; essa, senza facciata, si salda a questo corpo al di sopra di un arco di accesso al convento. All’interno della chiesa, si trova il famoso organo di San Francesco la cui storia è molto interessante.
Quando Francesco Santilli, artigiano di Caldarola, iniziò i lavori sull’organo della chiesa di s. Francesco, Serrapetrona, non lontana dalla sua terra d’origine, era tornata da circa quattro lustri nella delegazione di Camerino. Il periodo antecedente agli anni trenta del secolo XIX non si poteva qualificare, né per il piccolo paese semi-montano, né per tutte le Marche, fra i più felici dal lato storico – economico, perché dopo l’imposizione del trattato di pace tra Napoleone e Pio VI (1797), Ancona ebbe un governo repubblicano e successivamente, con Pesaro, Fano, Senigallia ed Ascoli Piceno fu aggregata alla Repubblica Romana (1798), voluta dai patrioti locali, che avevano rovesciato il potere temporale del papato, dovendo accettare, però, l’occupazione militare francese.

La discesa degli Austro – Russi, favorita dalla sollevazione lealista delle masse rurali, aveva cacciato i francesi, ma con la battaglia di Marengo (1800) si ristabilì il dominio di Napoleone che, smembrando il territorio residuo dello Stato Pontificio, annetté le Marche al Regno d’Italia. Nel 1815, poi, una zona pianeggiante non lontana da Serrapetrona, fu teatro del vano tentativo di Gioacchino Murat, cognato del neo – imperatore, per unire la causa personale a quella, prematura, dell’unità italiana. Un trentennio dopo, circa, nel 1848, troviamo Serrapetrona a far parte, insieme con Camporotondo e Cessapalombo, della circoscrizione governativa di Caldarola, nella delegazione o provincia di Camerino, città alla quale, però, diciassette anni prima (1831), nell’assemblea delle Province Unite di Bologna, era stata tolta la funzione di capoluogo, con una deliberazione che aveva causato delusioni ed aspri dissensi camerinesi. L’organo serrano fu commissionato in questa temperie, qui riassunta molto concisamente, e l’organaro caldarolese in realtà dovette affrontare una sorta di rifacimento di un antico organo secentesco già esistente nella chiesa serrana di s. Francesco, finito di costruire poco prima del 1331.

La famiglia d’organari caldarolesi aveva iniziato a lavorare nel 1828, e la loro opera si limitò quasi esclusivamente all’ambito dell’entroterra maceratese, con qualche rara eccezione riscontrabile a Comunanza (AP), nell’organo della chiesa di s. Anna, ed a Roma, nel restauro del grande organo della chiesa di s. Agostino in Campo Marzio. Gli artigiani di Caldarola costruirono strumenti aerofoni di medie e piccole dimensioni, con una tastiera soltanto, basati su un principale d’otto piedi, su cui erano sovrapposti i registri della famiglia (accordati in base ai successivi suoni armonici) in modo da formare una “piramide fonica” fino alla decimanona (intervallo di 19 note della scala musicale) o alla vigesimaseconda (intervallo di 22 note), oppure alla vigesimanona (interv. di 29 note) o ancora alla trigesimasesta (interv. di 36 note). Nella pedaliera, che è sempre di tipo a leggio, ossia inclinata con pedali corti e paralleli, realizzati in legno di noce, sono presenti i contrabbassi di 16 piedi (negli organi più grandi), o i bassi di 8 piedi a volte rinforzati dalle rispettive ottave. Per il comando dei registri, gli organari caldarolesi impiegarono sempre tiranti con pomelli di legno, collocati a destra della tastiera, entro una tavola sagomata, in una singola o duplice colonna. Le facciate di questi strumenti musicali aerofoni presentano un’unica campata, con canne disposte in vario modo: a cuspide, a cuspide con ali minori, ad ali convergenti al centro.

Sempre di stagno, esse hanno il labbro superiore (piano della fessura dove s’infrange l’aria) sagomato a “mitria”, il profilo che determinano è costantemente piatto, ed anche le bocche sono di regola allineate. Il somiere maestro (cassa di legno nella quale è immessa l’aria soffiata dai mantici) del tipo a “tiro” è costruito in noce, mentre quello della basseria è di legno tenero (abete o pioppo). Il crivello (sostegno forato per mantenere verticali le canne) è invariabilmente ligneo, e le bocche di quest’ultime sono sopra di esso. Con molte peculiarità di questo genere (tiranti a destra della tastiera, pedaliera a leggio, ecc.) fu costruito anche l’organo della chiesa serrana di s. Francesco: la firma del suo autore, Francesco Santilli, si trova all’interno della secreta del somiere maestro in un cartellino che contiene anche la data (1838) di costruzione dello strumento musicale. Francesco Santilli fu coadiuvato nel suo lavoro di organaro da due dei suoi cinque figli, Antonio e Giuseppe, che appresero il mestiere del padre nello “stabilimento” di Caldarola.

Tratto dalla sezione turismo del sito del comune di Serrapetrona

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