Arte e Cultura
Collegiata La Pieve di San Ginesio

Collegiata La Pieve di San Ginesio

La facciata della Collegiata La Pieve di San Ginesio si presenta con un solo magnifico portale in travertino corrispondente alla navata centrale; essa è suddivisa in due parti di cui quella inferiore, di stile romanico, è la più antica.

A pochi centimetri dal riquadro esterno del portale inizia la parte superiore di stile gotico realizzata oltre 300 anni dopo la costruzione della chiesa.

La maniera della sopraelevazione appartiene al gotico fiorito, in cui si evidenziano archi carenati che denotano tendenze orientaleggianti. Lungo la serie dei capitelli si notano a sinistra una mano che regge un globo (espressione plastica della potenza divina) e a destra un volto con soprastante ornamento dentellato del tutto simile a quello della formella incastonata nel riquadro esterno del portale (con la figura del mimo martire, cfr. sopra).

L’interno della Collegiata appare come “una galleria – scrive Febo Allevi – dove sei invitato a osservare i segni che dopo il Mille ogni secolo ha voluto imprimervi senza evidenti contrasti”.

Questi segni iniziano a pochi centimetri dall’ingresso principale, nella controfacciata sinistra, con un’edicola affrescata da Stefano Folchetti, un pittore ginesino vissuto tra la seconda metà del Quattrocento e la prima del secolo successivo, il quale vi ha dipinto una Madonna in trono tra due santi e col bambino.

Nella cappella dedicata alla Madonna della Misericordia, eretta nel 1873, dopo l’evento prodigioso occorso nel giugno 1850 quando l’immagine della Vergine, dipinta nel quadro dell’Ascensione da Domenico Malpiedi, mosse gli occhi davanti a una fanciulla e il miracolo si rese palese alla folla. In questa cappella, si trova la tela dell’Ascensione di D. Malpiedi.

A sinistra dell’altare maggiore si può ammirare la Cappella votiva dei caduti della grande guerra, affrescata da Adolfo De Carolis e suggerita dalle miniature degli antichi codici.

La chiesa riserva un’ultima emozione: la cripta, denominata Oratorio di San Biagio, presenta affreschi di notevolissimo interesse. Alcune pitture, datate e firmate, si devono al pennello di Lorenzo Salimbeni, e hanno assunto di recente non poca rilevanza per definire meglio la personalità pittorica del severinate che, come è noto, lavorò spesso in collaborazione col fratello Jacopo. Sul lunettone di fondo dell’Oratorio di San Biagio, è rappresentata la Vergine in trono tra Santo Stefano lapidato e San Ginesio in atto di suonare il violino.

Nelle memorie degli storici locali si legge che intorno al secolo decimoprimo (1098) esisteva già una grande chiesa edificata dove il colle su cui si distende l’ampia piazza, attualmente intitolata ad Alberico Gentili, comincia a digradare verso il rione Trenzano.
Il maestoso edificio, che, come tutte le chiese del periodo paleocristiano e dell’età di mezzo, fu eretto con la facciata rivolta a ponente e l’abside a levante, risulta adagiato per intero su un declino dal terreno scarsamente compatto che non di rado ha causato fenomeni di instabilità alle strutture murarie, nonostante la loro perfetta progettazione.

I materiali con cui esso venne edificato furono reperiti in loco e si ridussero sostanzialmente a due: pietra calcarea proveniente dai vicini monti del preappennino e pietra arenaria, impiegata soprattutto nei muri esterni, abbondantissima anche nelle immediate adiacenze del paese.

Con l’affermarsi delle libere istituzioni comunali, il Castello di San Ginesio raggiunse uno sviluppo demografico non indifferente anche in considerazione del fatto che in quell’epoca i feudatari del contado venivano man mano arrendendosi alla nuova realtà politica e si incastellavano andando a vivere, con un fenomeno di vera e propria immigrazione, entro le mura del castrum, insieme alle loro famiglie e a quant’altri erano al loro servizio, lasciando il centro di potere feudale ceduto più o meno volentieri alla crescente influenza del Comune. Per le nuove esigenze religiose di una comunità in piena espansione, i due Consoli che la governarono, vigilando sulla esatta applicazione delle leggi, decisero di edificare sul luogo dove sorgeva un antico sacello o cappellina, forse a quell’epoca pressochè fatiscente, eretta in onore del Santo Martire romano Ginesio, una chiesa che rispondesse agli accresciuti bisogni spirituali dei fedeli. Si vuole che la figura ritratta in una formella, con accanto una maschera, ritragga San Ginesio, mimo, martire e suonatore di violino; la maschera teatrale ornata di diadema forse risale al periodo longobardo e oltre al simbolo del suo mestiere, l’attore ha una mano sul petto in segno di accettazione della fede cristiana. L’esistenza effettiva del mimo martire romano, è messa però in dubbio per mancanza di prove indiscutibili, ma il culto del santo si è ampiamente diffuso.

Top