San Michele, l’arcangelo che protegge i borghi maceratesi
Il 29 settembre, giorno dedicato a San Michele e agli altri arcangeli, coincide con il tempo dell’equinozio d’autunno, quando luce e tenebra si fronteggiano e l’anno agricolo compie il suo bilancio. Da questo momento il giorno inizia a scivolare verso la notte, e Michele si erge come difensore e guida nel passaggio verso la stagione oscura. Guerriero celeste, psicopompo che accompagna e pesa le anime, custode delle soglie, l’Arcangelo è raffigurato con spada e armatura, i piedi sul diavolo (o drago simbolo del Male).
Il culto micaelico giunse in Europa attraverso i Bizantini e si diffuse rapidamente dal santuario di Monte Sant’Angelo sul Gargano, uno dei grandi poli di pellegrinaggio medievale, fino a Mont-Saint-Michel in Normandia e oltre. Dopo la vittoria del 650 sui Bizantini, i Longobardi (popolo guerriero che riconobbe in Michele la forza del dio Odino) lo scelsero come patrono e divennero i principali diffusori della sua devozione, soprattutto nelle terre tra Marche e Umbria, nel Ducato di Spoleto sorto nella seconda metà del VI secolo.
La tradizione racconta che, nella battaglia celeste narrata nell’Apocalisse, Michele abbia tracciato con la spada una linea di luce che unisce i principali santuari a lui dedicati, dal Monte Carmelo vicino Gerusalemme fino all’Irlanda. Questo filo invisibile, la cosiddetta “Linea Sacra di San Michele”, lega luoghi lontani tra loro in un sorprendente allineamento geografico e spirituale.
Anche la provincia di Macerata si trova lungo questo asse ideale, nel territorio compreso tra il capoluogo e l’Appennino, qui i Longobardi portarono la sua venerazione, lasciando chiese, abbazie ed edicole dedicate all’Arcangelo. La devozione è ancora evidente: numerosi edifici sacri portano il suo nome San Michele o Sant’Angelo, da Monte Cavallo a Ripe San Ginesio, da Camerino ad Apiro, fino a Sefro, Serravalle di Chienti, Fiuminata, Mogliano, Macerata, San Severino, Treia, Bolognola, Sant’Angelo in Pontano e Passo San Ginesio. Un mosaico di intitolazioni che testimonia quanto il culto di Michele sia radicato nel paesaggio culturale e religioso locale.
Un tempo la sua data segnava la fine del raccolto, la scadenza dei contratti agricoli e l’inizio della transumanza e si celebrava con una festa, una fiera e celebrazioni sacre. Oggi la memoria sopravvive nelle liturgie e nel ricordo popolare, ma la presenza di Michele continua a essere viva. Ogni paese custodisce una statua, un affresco, un’immagine dell’Arcangelo a protezione delle comunità, ricordando la forza della luce che vince sulle ombre e accompagna il cammino dell’uomo nel tempo delle stagioni.
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