Enogastronomia
Erbe di campo strascinate

Erbe di campo strascinate

“L’erbe” erano il quotidiano piatto dei poveri e dei contadini perché erano, come la ” ‘nzalata”, di costo quasi nullo e particolarmente gustose, condite con poche gocce del denso olio di frantoio. La vergara, o una delle donne più avanti negli anni, aveva il compito di andare a procurare nel pomeriggio la quantità di erbe necessarie per il pasto della sera o del giorno dopo. Le trovava per i campi, sui prati o ai margini della strada. Aiutandosi con un vecchio coltello da cucina, le carpiva e le sistemava nel cesto che aveva con sé o nella “parannanza”, il grembiule, i cui angoli inferiori erano inseriti nella fettuccia che lo reggeva alla vita creando una specie di sacco. Erano cambagnole, crispigne, cicoria, sprane ed altre che l’esperienza della donna conosceva come commestibili. Inoltre ogni massaia aveva i suoi segreti e aggiungeva quella particolare erba che dava un gusto unico.
La presenza predominante della cicoria attribuiva al piatto anche caratteristiche terapeutiche: la cicoria infatti era raccomandata a protezione del fegato, e se ne conoscevano le proprietà depurative, febbrifughe, lassative, diuretiche e toniche. Erano le gustose erbe strascinate che, inserite in una mezza pagnotta di pane dalla quale era stata tolta la mollica, costituivano anche la prima colazione, accompagnate da un uovo sodo, o da una salsiccia, e da un buon bicchiere di vino.

Preparazione
Le erbe, pulite e lavate accuratamente, vengono bollite e poi ripassate in padella con olio insaporito da uno spicchio d’aglio.

Tratto da “Dizionarietto delle Tradizioni e del Mangiare” del sito della Comunità Montana dei Monti Azzurri.

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